SASSARI, 14 GIUGNO 2023 – Al Policlinico Sassarese è stata impiantata una protesi di spalla a una paziente sarda di 75 anni con una nuova tecnica operatoria che utilizza la tecnologia 3D e un navigatore GPS. E’ la prima volta che in Sardegna viene eseguito un intervento del genere, tra i primi in Italia. La paziente, affetta da una grave artrosi dell’articolazione, è stata operata ieri e sarà dimessa domani. L’intervento è stato effettuato dall’équipe composta da Fabio Ziranu, responsabile del reparto di Ortopedia della struttura sanitaria di viale Italia, insieme ai colleghi ortopedici Ciriaco Meloni, Fabio Del Prete e Francesco Masia.
Le nuove frontiere dell’ortopedia sono dunque già realtà al Policlinico Sassarese che amplia la sua offerta grazie all’introduzione di una metodica chirurgica che prevede un approccio su misura, ritagliato sul paziente e sotto guida computerizzata e consente agli specialisti di agire con la massima precisione. “Nella spalla – spiega il dottor Fabio Ziranu - il campo operatorio è particolarmente ristretto e il chirurgo può vedere con i propri occhi solo una piccola parte dei segmenti ossei sui quali lavora, in particolare sulla glenoide della scapola, diversamente da quanto accade negli interventi di protesi alle articolazioni del ginocchio e dell’anca”.
Nel caso della signora operata ieri è stata impianta una protesi cosiddetta “inversa”, che si impianta quando c’è un grave danno alla cuffia dei rotatori, i tendini che fanno muovere l’articolazione, ma anche quando, si diagnostica un’artrosi non conseguente a lesione della cuffia dei rotatori. La lesione della cuffia dei rotatori è particolarmente frequente nella popolazione oltre i 70 anni di età, con un’incidenza che può arrivare al 50%. Se la lesione è recente e non ampia, può essere riparata con tecnica artroscopica. “Quando la lesione è cronica e massiva - prosegue Ziranu - e la qualità dei tessuti è scarsa, si verifica col tempo un danno cartilagineo all’articolazione che rende necessario l’impianto di una protesi inversa. Questa deve il suo nome all’inversione della forma delle componenti protesiche: l’omero è concavo, convesso nella normalità, e la glena è sferica, concava nell’anatomia normale”.
“Questa tecnica - specifica l’ortopedico - è utilizzata in caso di grave artrosi, lesioni non riparabili della cuffia dei rotatori e esiti di gravi fratture. Il vantaggio per i pazienti è enorme. E’ stato infatti dimostrato che un posizionamento così accurato migliora le performance della spalla, con miglior movimento e maggiore stabilità, e rende la protesi molto più duratura nel tempo. Inoltre, è possibile gestire in modo personalizzato anche i casi più difficili”.